Archivi di persone
Paolo Robotti
1919 - 1981
Storia istituzionale/amministrativa, nota biografica
Paolo Robotti nacque a Solero (Alessandria) il 27 aprile 1901 da Perpetuo, operaio delle ferrovie, e Angela Antonello. Nel 1913 si stabilì con la famiglia a Torino, dove, finita la scuola tecnica, trovò lavoro come impiegato presso la Lancia e poi come apprendista operaio alla fabbrica di automobili Itala. In questi anni cominciò a partecipare alle attività del circolo giovanile socialista di Borgo San Paolo, entrando nel comitato direttivo e divenendone poi segretario. Nel 1917 fu assunto alle Officine ferroviarie e nominato segretario del comitato regionale della Fgsi. In questo periodo ebbe i primi contatti con Gramsci, Togliatti e Terracini.
Licenziato per aver partecipato allo sciopero generale della fine del 1918, passò a lavorare per l'Istituto medico legale della Camera del lavoro di Torino, con l'incarico di aprire una succursale a Vercelli. Nel gennaio 1921 aderì al Pcd'I. Chiamato alle armi alla fine del 1920, assegnato al reggimento di artiglieria pesante di stanza a Merano e poi trasferito in Libia, scontò vari mesi di prigione, a Tripoli e a Trento, per aver svolto propaganda comunista tra i soldati. Ottenuto il congedo nell'estate 1922, entrò nel comando delle squadre di difesa proletaria, assumendone la guida alcuni mesi dopo.
Dopo la strage fascista di Torino del dicembre 1922, ricostituì con Giovanni Roveda e Cesare Ravera la federazione comunista torinese, di cui divenne segretario. Raggiunto da un mandato di cattura alla fine del 1923, fu costretto a emigrare in Francia, presto raggiunto dalla moglie Elena Montagnana. Stabilitosi a Lione, fu nominato segretario del comitato regionale del Rodano dei gruppi comunisti italiani. Nel giugno 1925 nacque il figlio Sergio. Rientrato in Italia alla fine dell'anno, si trasferì a Genova per un nuovo impiego presso la sezione genovese della Rappresentanza commerciale sovietica in Italia.
Dopo le leggi eccezionali fu condannato a due anni di ammonizione per attività sovversiva, venendo arrestato un anno dopo e chiuso in isolamento nel carcere di Marassi. Nel febbraio 1928 riuscì a espatriare clandestinamente, passando per la Svizzera, e si stabilì a Parigi.
Incluso nella segreteria centrale dei gruppi di lingua italiana del partito comunista francese, ebbe l'incarico di dirigere i gruppi della regione parigina. Alla fine del 1929 si trasferì in Belgio per occuparsi del giornale dei gruppi italiani del partito comunista belga, «Il Riscatto».
Arrestato nel 1930 di ritorno da una riunione in Francia, scontò sei mesi di reclusione nel carcere di Forest. Nell'aprile 1931 fu inviato in Italia per dirigere con Battista Santhià e Teresa Noce il nuovo centro interno del partito, dopo l'arresto di Pietro Secchia. Costretto presto a tornare a Parigi per sfuggire all'arresto, chiese di essere mandato in Urss a lavorare in un'officina. Giunto a Mosca alla fine dell'anno e trovato impiego in una fabbrica di accessori per aeroplani, fu nominato presidente della sezione italiana del Club degli emigrati politici di Mosca, divenendo, poco più di un anno dopo, presidente di tutto il Club. Nel 1933 prese la cittadinanza sovietica, insieme a Elena, senza perdere quella italiana, e fu assunto come caporeparto in un'officina sperimentale della Direzione generale dell'artiglieria. Dopo lo scioglimento del Club degli emigrati politici alla fine del 1935, proseguì ancora per due anni il lavoro con gli emigrati italiani, non mancando di denunciare alla sezione italiana del Komintern e al Nkvd gli elementi ritenuti sospetti. Nell'estate 1936 passò a lavorare alla Kalibr, fabbrica di strumenti di precisione.
Dopo che la sua richiesta di andare a combattere in Spagna fu respinta, ebbe l'incarico di vagliare le domande presentate dai volontari italiani. L'8 marzo 1938 fu arrestato con l'accusa di attività provocatoria e di spionaggio e imprigionato nel carcere Taganka di Mosca, dove rimase fino al 4 settembre 1939, venendo sottoposto a estenuanti interrogatori e torture.
Riabilitato e assolto da ogni imputazione, riprese il lavoro in fabbrica, dirigendo, nell'inverno 1941, il trasferimento di uomini e macchinari in Siberia. Nel 1942 iniziò a frequentare la scuola del Komintern e nel maggio 1943 fu destinato alla prima scuola antifascista per prigionieri di guerra nei pressi di Vladimir, venendo trasferito tre mesi dopo alla scuola
superiore antifascista per prigionieri di guerra di Krasnogorsknei dintorni di Mosca, incaricato della direzione dei corsi del settore italiano. Collaboratore de «L'Alba», il giornale per i prigionieri italiani in Urss, dopo i primi quattro numeri ne assunse la direzione insieme a Luigi Amadesi. Al termine della guerra proseguì il lavoro con i prigionieri italiani e si occupò delle pratiche per il rientro in Italia o per la definitiva sistemazione in Urss di alcuni emigrati politici italiani.
Nel gennaio 1947, dopo 19 anni di esilio in tre paesi, lasciò Mosca alla volta dell'Italia.
Stabilitosi a Roma, negli anni seguenti svolse numerosi incarichi per il Pci. Collaborò alla creazione delle scuole di partito, in particolare quella alle Frattocchie, nei dintorni di Roma, e la scuola centrale di Reggio Emilia, tenendo di frequente conferenze e lezioni, soprattutto sull' Urss, in varie località italiane. Dal luglio 1948 fino al novembre 1949, quando fu costretto a rientrare a Roma per problemi di salute, fu inviato in Sicilia, come vicesegretario regionale accanto a Girolamo Li Causi.
Nel 1950 fu nominato viceresponsabile della commissione centrale stampa e propaganda diretta da Gian Carlo Pajetta. Si occupò anche di tenere i rapporti con le rappresentanze diplomatiche dei paesi socialisti e concorse alla creazione di alcune associazioni di amicizia tra l'Italia e i paesi del blocco sovietico. Collaborò a «l'Unità»» e a vari periodici del partito, tra cui «Rinascita», su cui tenne una rubrica dedicata all'Unione sovietica. Nel 1955 fu nominato viceresponsabile della sezione esteri del Pci. Nel 1956 fu incluso nella commissione preparatoria del nuovo progetto di statuto del partito, in vista dell'VIII Congresso. Membro supplente del comitato centrale del Pci, dopo il congresso fu destinato alla commissione centrale di controllo. Già autore di Nell'Unione Sovietica si vive così, in due volumi, e, con Giovanni Germanetto, di Trent'anni di lotte dei comunisti italiani, nel 1965 pubblicò La prova, testimonianza della lunga esperienza in Unione Sovietica e in particolare della drammatica vicenda della detenzione, nel 1973 Il gigante ha cinquant'anni, dedicato all'Urss, e nel 1980 un nuovo libro autobiografico, Scelto dalla vita.
Morì a Roma il 5 agosto 1982.
Storia archivistica
ll fondo Paolo Robotti fa parte degli Archivi del Partito comunista italiano versati alla Fondazione Istituto Gramsci nel 1996.
Ambiti e contenuto
La maggior parte della documentazione è relativa agli anni 1950-1980 con scarsi documenti risalenti al periodo precedente.
Si tratta soprattutto di carte raccolte e prodotte in occasione dell'attività di conferenziere e pubblicista di Robotti.
Criteri di ordinamento
Le carte non presentano una propria organizzazione interna: sono rari i fascicoli originali mentre la gran parte dei documenti è conservato in cartelline che sono un mero contenitore.
Tale accorpamento è precedente al versamento del fondo alla Fondazione.
Il fondo non è ordinato e l'organizzazione data rappresenta l'eventuale struttura di un futuro ordinamento.
Riferimenti bibliografici
P. Robotti, Nell'Unione Sovietica si vive così, 2 voll., Roma, Edizioni di cultura sociale, 1950-1952;
G. Germanetto, P. Robotti, Trent'anni di lotte dei comunisti italiani, 1921-1951, Roma, Edizioni di cultura sociale, 1952;
P. Robotti, La prova, Bari, Leonardo da Vinci, 1965;
Id., Il gigante ha 50 anni, Roma, Napoleone, 1973;
Id., Scelto dalla vita. Gli incontri, gli scontri e la lotta dalla fondazione del Pci. Le memorie di un rivoluzionario professionale, Roma, Napoleone, 1980;
P. Spriano, Storia del Pci, III, I fronti popolari, Stalin, la guerra, Torino, Einaudi, 1970;
C. Ravera, Diario di trent'anni. 1913-1943, Roma, Editori Riuniti, 1973;
T. Noce, Rivoluzionaria professionale, Milano, La Pietra, 1975;
A. Agosti, Robotti Paolo, in F. Andreucci, T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943, IV, Roma, Editori Riuniti, 1978;
R. Caccavale, Comunisti italiani in Unione Sovietica. Proscritti da Mussolini, soppressi da Stalin, Milano, Mursia, 1995;
E. Dundovich, Tra esilio e castigo. Il Komintern, il Pci e la repressione degli antifascisti italiani in Urss, Roma, Carocci, 1998;
G. Lehner (con F. Bigazzi), La tragedia dei comunisti italiani. Le vittime del Pci in Unione Sovietica, Milano, Mondadori, 2000;
M.T. Giusti, I prigionieri italiani in Russia, Bologna, Il Mulino, 2003;
Reflections on the Gulag, with a Documentary Appendix on the Italian Victims of Repression in the Ussr, ed. by E. Dundovich, F. Gori and E. Guercetti, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2003 (Annali, XXXVIII, 2001).
Note
Stato di lavorazione: non ordinato; non consultabile.
Schede a cura di Benedetta Garzarelli e Cristiana Pipitone.